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"Ho imparato ad essere bugiarda.." La commovente lettera di una dottoressa del GOM inserita nella pubblicazione "Giuro di non dimenticare"

06 Maggio 2021


Pubblichiamo qui di seguito la testimonianza di una Dottoressa del Grande Ospedale Metropolitano di Reggio Calabria, che è stata inserita - unica tra i medici calabresi - nel libro "Giuro di non dimenticare, Storie di medici ai tempi del COVID" i cui promenti sono interamente stati destinati alla fondazione "ONAOSI" per gli orfani dei medici deceduti per Covid-19 e che ha ricevuto i riconoscimenti del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e del Presidente del Consiglio dei Ministri, Mario Draghi.

 

"Il mio lavoro è tutta la mia vita, e lo amo infinitamente...io mi sento "un medico" fin dentro alle ossa, fin da quando ero bambina. Quando a scuola le insegnanti chiedevano "cosa vuoi fare da grande?" fioccavano risposte come ballerina, astronauta, cantante, presidente della Repubblica; io semplicemente dicevo: "io sarò un dottore" e così è stato...ho realizzato il sogno della mia vita. Non c'è niente al mondo che mi renda più felice. Quando indosso la mia divisa ed entro da quella porta per sedermi al mio posto, sento di essere in pace con me stessa.

Lavoro presso la UOC d'accettazione e Med. d'Urgenza del GOM di Reggio Calabria, impegnata in prima linea già dalle prime fasi di questa pandemia. Siamo infatti un HUB centro covid di riferimento per la Calabria.

Fare un bilancio di questo ultimo anno non è semplice...dentro di me affiorano un turbinio di emozioni contrastanti: la paura costante di essere contagiata e soprattutto di essere causa di contagio di chi mi sta accanto, ma anche la gioia per la consapevolezza di aver dato il massimo, di non essermi mai tirata indietro nel momento di più grande bisogno. Ma non è stato sempre facile, ho avuto ed ho, come credo tutti i colleghi impegnati in prima linea, momenti di sconforto. Ho imparato, mio malgrado, ad essere anche una brava bugiarda.

Un paziente grave Covid che arriva da te è quasi sempre lucido, cosciente, ed ha paura. La sensazione terribile che si prova guardando questi pazienti e che stiano annegando, ma in un mare invisibile, senz'acqua. Cercano di respirare, si aggrappano a te, non riescono a stare fermi. Uno strazio. Loro ti guardano negli occhi, implorano con lo sguardo il medico che gli sta di fronte di aiutarlo. Ma ho imparato con l'esperienza che non cercano solo questo. Loro chiedono aiuto e comprensione alla donna che c'è dietro la visiera, dietro la mascherina, nascosta e mortificata nalla sua tuta...cercano un contatto umano che tu purtroppo non potrai dargli: stringergli la mano senza guanti, rivolgergli un sorriso che potranno solo immaginare nascosto sotto la mascherina ed hanno paura...una paura primitiva, vera, istintiva: la paura della morte, di non poter mai più rivedere i loro familiari, di non poter più riabbracciare i loro nipoti, di non poter più baciare la donna che hanno sempre amato. Tu questo lo percepisci solo perdendoti in quegli occhi disperati che si, vogliono che tu gli dica un bugia, vogliono soltanto aggrapparsi ad una speranza, e tu sei la loro speranza. E quando arriva la fatidica domanda: "dottoressa, posso morire?" tu sai già cosa dire..."Non si preoccupi, ANDRÀ TUTTO BENE"...  ma sai che per molti non sarà così.. molti porteranno con se quella stupida bugia.

Non è facile convivere col senso di impotenza che ti avvolge il cuore come una morsa. In un anno ho toccato con mano così tanta tristezza e disperazione che sono certa abbia segnato psicologicamente una cicatrice indelebile nella mia anima. Le immagini alla tv di quei carri militari che trasportano bare, i tanti colleghi caduti in battaglia, i pianti disperati delle famiglie delle vittime, le file di ambulanze, gli ospedali al collasso, la nostra Italia martoriata, avvolta nel silenzio assordante, le strade deserte, le immagini di tanti di noi sfiniti dopo turni massacranti, le cicatrici sul volto. Ci hanno chiamati eroi...ma noi non siamo eroi. Siamo uomini e donne, esseri umani, e come tutti anche noi abbiamo paura. Ma abbiamo dedicato la nostra vita ad un ideale che è quello di aiutare chi soffre, è questo il nostro dovere.

Mai come in questi mesi è stato vivo in me lo spirito che mi ha spinta a scegliere di fare il medico. Si ho paura, ma quando sono di fronte al paziente, dimentico tutto ...ci siamo solo io e lui e il desiderio di dargli aiuto supera ogni timore. Sento che nel mio piccolo posso fare e dare ancora tanto. E ogni sera mi accuccio nel mio letto, ci sono giorni che mi sento sfinita e mi chiedo quando finirà. Ma poi l'alba di un nuovo giorno arriva sempre e ti prepari ad affrontare un'altra battaglia. Senti una nuova sirena, le luci dell'ambulanza dietro il vetro del pronto soccorso...codice rosso: grave insufficienza respiratoria in covid +, mi vesto velocemente in un rituale che ormai conosco benissimo, controllo che tutto sia a posto, faccio un respiro profondo...sono pronta".

 

Dott.ssa Stefania Mantuano
U.O.C. Medicina d'Accettazione e d'Urgenza
Grande Ospedale Metropolitano
di Reggio Calabria